La Cachaça
La Cachaça è essenzialmente un distillato del succo di canna da zucchero fermentato, tipico del Brasile, dove è considerata bevanda nazionale.
Questo Spirit ha avuto in passato forti valenze sociali, simbolo della lotta per l’indipendenza dal Portogallo.
La materia prima può essere sia il succo vergine, non privato dello zucchero, che la melassa, il sottoprodotto della produzione dello zucchero stesso.
In base alla materia prima utilizzata, la Cachaça viene suddivisa in due categorie:
- Artesanal o Premium sono quelle prodotte con succo vergine di canna da zucchero;
- Industrial, prodotte con melasse, che possono essere da praticamente esaurite a quelle con contenuto di zucchero fino all’80%.
Anche la distillazione cambia, per i due titpi di prodotto: per produrre le Artesanal si usano piccoli alambicchi discontinui di rame, rispettosi della materia prima e dei suoi profumi, mentre le Industrial vengono distillate in alte colonne di acciaio, del tutto simili a quelle per la produzione della Vodka; le gradazioni alcoliche raggiunte nel secondo caso sono del tutto simili e prossime ai 96°.
La grande differenza tra la Cachaça ed il Rum, con cui spesso viene scambiata, è che il Rum viene distillato dopo la bollitura dell’estratto di canna da zucchero, mentre la Cachaça viene distillata a freddo, ottenendo quindi un prodotto molto fresco e fedele agli aromi originari.
Secondo la legge brasiliana, la Cachaça posta in commercio deve avere una gradazione alcolica da 38° a 48° e possono essere aggiunti fino a 6 grammi di zucchero per litro di prodotto.
La storia
La storia della Cachaça, così come accade per la Charanda ed il Rum, è legata alla canna da zucchero, che arriva in Brasile grazie ai conquistadores portoghesi.
Questii fanno impiantare numerose piantagioni al fine di soddisfare l’enorme richiesta in patria dello zucchero di canna.
La Cachaça nasce nel XVI secolo, ed è a tutti gli effetti una bevanda povera, utilizzata dagli schiavi delle miniere per sollevare gli animi e superare le dure giornate di lavoro.
Quindi bere Cachaça era segno di appartenenza agli strati sociali più bassi: la forma schiacciata della bottiglia non è casuale: permetteva agli schiavi di nasconderla sotto l’ascella e di berla al momento giusto.
Questo alcolico nel corso degli anni è stato oggetto di una continua evoluzione e, grazie allo sviluppo delle tecniche di distillazione e di invecchiamento, da prodotto popolare diviene bevanda raffinata.
La sua invenzione, però ancora oggi è circondata dal mistero: non sappiamo, infatti, se sia nata ad opera dei portoghesi, degli schiavi o ancora se sia nata per caso, da un banale errore compiuto durante la lavorazione.
Chiamata dai brasiliani Aguardiente (acqua che brucia), ma anche Pinga (che gocciola) o Agua-benta (acqua santa), ha un’infinità di altri soprannomi (più di 2000 nomi diversi e oltre 5000 marche), allegri e pittoreschi proprio come il popolo di questo grande paese.
Nel 2006 è stato fondato l’Instituto Brasileiro da Cachaça (IBRAC) a Brasilia.
La produzione
La canna da zucchero raccolta viene lavata e pressata con rulli metallici di grandi dimensioni, per estrarre il succo; è solo da questa prima spremitura che si produce la Cachaça.
Il succo viene poi filtrato, al fine di estrarre ogni frammento di canna, prima del processo di fermentazione in tini di legno o di rame.
Per far fermentare il succo di canna da zucchero o la melassa, vengono generalmente utilizzati lieviti indigeni, contenuti naturalmente nella canna da zucchero , con aggiunta di farina di mais tostata o crusca di riso; queste aggiunte di cereali aggiungono sapori e profumi caratteristici alla Cachaça.
Segue la tripla distillazione del mosto, che può essere effettuata mediante alambicco continuo oppure discontinuo, come già visto in preecedenza.
Dal processo di distillazione si ricava un liquido con una gradazione alcolica che va dai 68° ai 70°; questa gradazione viene ridotta a circa 40° mediante l’aggiunta di Acqua demineralizzata, prima che il distillato venga messo a dimora in botti di legno, di capacità da 500 a 5.000 litri.
L’eventuale invecchiamento va dai due ai dodici anni e avviene normalmente in legno di quercia bianca brasiliana e/o in altre essenze native, che aggiungono al distillato sapori distintivi.
Tra queste, molto utilizzate l’Amburana, la Jequitibá, la Guarandi, la Jatoba e la Garapeira, insieme a qualche essenza internazionale quali la quercia di Limousin o la quercia bianca americana.
Il legno Garapeira, ad esempiuo, aggiunge al prodotto dolcezza e piccantezza, ma senza cambiarne il sapore, contrariamente a quanto succede con l’utilizzo di botti di rovere, che aggiungono sapore di vaniglia e caramello, come ritroviamo per esempio nei Rum.
Qualche produttore utilizza anche botti di secondo passaggio,; ad esempio, Leblon invecchia le loro Cachaças in botti ex-Cognac.
Grazie all’invecchiamento il gusto si arrotonda, rendendo il distillato adatto ad essere consumato liscio, come Spirit da meditazione.
Sono tante le tipologie di Cachaça: da quella distillata e giovane, a quella zuccherata a, infine, quella invecchiata.
Se l’invecchiamento si protrae da 1 a 3 anni, permette al distillato di ottenere l’appellativo Premium; da tre anni in poi, ottiene l’appellativo Extra premium.
La degustazione
La Cachaça giovane si consuma nei Cocktails, primo fra tutti la Caipirinha nelle sue varie declinazioni (alla fragola, alla ciliegia, al maracuja, al melone, ecc.) oppure liscia se invecchiata, ovviamente nella sola versione Artesanal.
A proposito della Caipirinha, va detto che questo Cocktail è l’accompagnamento ideale alla carne grigliata: l’Alcol e l’acidità del lime fungono da sgrassanti, rendendo ancor più piacevole il boccone di carne successivo.