Edoardo Barman A.I.B.E.S.
Idromele
Idromele

Idromele

L’Idromele

Idromele
Una bottiglia di Idromele prodotto da Chimere
Foto: Autore sconosciuto

L’Idromele, o Honey Wine per gli anglosassoni, è una bevanda alcolica prodotta dalla fermentazione di un composto di Acqua e miele.

nome Idromele deriva dalle parole greche “Hýdor” (Acqua) e “Méli” (miele)che spiegano l’essenza di questo prodotto: una miscela di Acqua e miele fermentata.

E’ probabilmente il Fermentato più antico del mondo, ancor di più della Birra, in quanto non era necessaria alcuna coltivazione per poterlo produrre.

In Africa e Asia è conosciuto da diversi millenni, in Europa è rimasto relegato nelle isole britanniche ed in Francia, nella regione della Bretagna, dove è particolarmente apprezzato e consumato.

Attualmente l’ idromele è, almeno dalle nostre parti, tra le bevande alcoliche meno conosciute.

Viene spesso confusa col Sidro di mele – che è tutt’altra cosa – a causa della desinenza “mele”. 

Nnell’antichità era noto come la bevanda degli dèi.

Di questa bevanda esistono diverse testimonianze nelle principali civiltà europee del Medioevo.

Questa bevanda fermentata, nella sua formula ancestrale, contava solo tre ingredienti: Acqua, miele e lievito; proprio perché si tratta di un prodotto fermentato, si potrebbe aggiungere un quarto ingrediente: il tempo.

LIdromele è ricco di sali minerali, calcio, magnesio ed ha proprietà antinfiammatorie e antibiotiche, anche grazie alla presenza dell’Alcol, che mantiene inalterate le virtù del miele.

Presenta una gradazione alcolica che può variare da 6° a 18°; questo dipende essenzialmente dal tipo di lievito usato in fase di fermentazione.

La storia

Idromele Bee My Job
Idromele classico di Bee My Job
Foto: Autore sconosciuto

La storia parla di un Idromele dell’antico Egitto, di uno dell’antica Grecia, uno dell’Inghilterra celtica, uno della Scandinavia vichinga, uno negli antichi paesi Slavi e probabilmente veniva prodotto anche in altri luoghi.

Fu tra le bevande alcoliche più prodotte e consumate nel mondo antico, prima che la diffusione della vite introducesse l’uso del Vino in Europa e nel bacino del Mediterraneo. 

Presso i Celti, la produzione dell’Idromele non era finalizzata solamente ad ottenere un prodotto utile al soddisfacimento del gusto o da consumarsi durante i pasti.

Si trattava soprattutto di una bevanda rituale, a base alcolica, il cui uso inducesse stati alterati della coscienza tali da facilitare quel contatto con la divinità e lo spirito degli antenati che essi ricercavano. 

L’Idromele aveva una grande importanza nella cultura norrena (scandinava) precristiana, dove prende il nome di mjöðr (oppure met).

Nella letteratura e nella mitologia viene rappresentato come la bevanda dei re, la preferita del dio Odino e di altre creature sovrumane, in particolare degli dei degli uomini (Aesir) e degli eroi che abitano Ásgarðr. 

Era tradizione, in molte parti d’Europa, che alle coppie appena sposate venisse regalato Idromele sufficiente per la durata di un mese lunare.

Ttale dono veniva fatto come incentivo alla procreazione, dato che già allora erano note le sue caratteristiche di tonico-energetico.

La locuzione luna di miele, deriva proprio dal fatto che per la durata di una luna la coppia si godeva il consumo di questa bevanda.

l’ìdromele era talmente apprezzato dai Romani e dai Greci, da venire associato alla mitica ambrosia, il nettare degli dei dell’Olimpo.

Ancora oggi, a distanza di millenni, questa leggendaria bevanda viene preparata a livello industriale, ma anche casalingo.

La produzione

L’Idromele oggi si prepara seguendo metodi precisi, adottati in parte dalle tecniche di vinificazione in quanto, essendo una bevanda alcolica la cui gradazione varia da 6° a 18°, condivide alcuni passaggi produttivi con il Vino.

Ciò che invece non potrà evidentemente accomunarlo a quest’ultimo è la materia prima fondamentale: il miele.

Il miele ha delle caratteristiche chimiche che lo rendono, una volta disciolto in Acqua, un vero e proprio mosto, carico di zuccheri fermentescibili e di elementi essenziali per la riproduzione dei lieviti, come gli amminoacidi e le sostanze azotate derivanti dal polline, presenti nel miele.

Una volta che si prepara il mosto di miele, aggiungendo Acqua, i lieviti e gli altri microrganismi si trovano in un ambiente ideale ed innescano la fermentazione, consumando il glucosio e convertendolo in Alcol ed anidride carbonica, producendo calore.

I lieviti osmofili appartenenti alla famiglia dei saccaromiceti fanno il loro lavoro, ma i produttori cercano di assicurare una buona fermentazione a carico solo di ceppi di lievito selezionati.

Si tratta in genere lieviti secchi attivi (LSASaccharomyces Cerevisiae o Saccharomyces Bavanus.

Idromele americano
Un Idromele a stelle e strisce: Camelot Mead
Foto: Autore sconosciuto

La fermentazione dell’Idromele avviene a temperatura di circa 20 °C e si protrae per un tempo più lungo rispetto al Vino, grazie alla presenza delle sostanze antisettiche contenute nella propoli, le quali vanno ad ostacolare la moltiplicazione cellulare dei lieviti.

Il pH della miscela Acqua-miele si attesta intorno a 5,2, ma può variare sensibilmente in funzione delle caratteristiche del miele e dell’Acqua utilizzati.

Tale valore è piuttosto elevato per avere una buona fermentazione (il pH ottimale è intorno a 3,4), ma non la rende comunque impossibile.

Per questo motivo, occorre riportare il pH verso valori più bassi, mediante unprocesso di acidificazione, utilizzando acidi alimentari naturalmente presenti nella frutta, quali acido citrico ed acido tartarico.

Anche le caratteristiche dell’Acqua sono importanti: deve essere priva di impurità, limpida, non presentare sapori o odori estranei, deve presentare caratteristiche chimico/fisiche e microbiologiche nella norma.

Le Acque più indicate per questo processo sono quelle oligominerali.

La solfitazione è una tecnica tuttora in fase sperimentale ma che – in alcuni casi – si rivela necessaria nella fase di ammostamento, per abbassare la carica microbica all’interno del mosto.

Solo in seguito si potranno aggiungere i lieviti selezionati e condurre la fermentazione in modo più sicuro.

In campo enologico essa è necessaria, mentre nella produzione dell’Idromele potrebbe non esserlo, data l’azione della propoli.

Chiaramente, il discorso vale solo se si parla di miele non filtrato, e che non abbia subito trattamenti termici o altre lavorazioni industriali.

Dopo la solfitazione (solo se occorre), è possibile filtrare il mosto prima di avviarlo alla fermentazione, oppure chiarificarlo.

Idromele di trifoglio
Idromele monovarietale (trifoglio)
Foto: Autore sconosciuto

Si può ricorrere a diverse tecniche, quali l’aggiunta di bentonite, un’argilla naturale che, usata correttamente, non influenza in alcun modo le caratteristiche organolettiche del prodotto ed è quasi sempre preferibile alla filtrazione.

Ottenuto il mosto pulito, si procede con l’inoculazione dei lieviti d’innesco per la fermentazione, seguita dall’aggiunta di un minimo di sali azotati.

La temperatura è molto importante, così come nella vinificazione in bianco, poiché controllando quest’ultima si riusciranno a conservare molte delle sostanze aromatiche (terpeni, amminoacidi aromatici ed esteri) che determinano gli aromi varietali dei singoli tipi di miele.

Il segnale che la fermentazione sta terminando, è la riduzione dell’emissione di bolle di anidride carbonica dalla massa fermentante, visibili tramite il tappo gorgogliatore.

Chiaramente, occorrerà una quantità maggiore di miele per produrre un Idromele dolce e liquoroso, che inevitabilmente avrà un contenuto in Alcol nettamente superiore rispetto ad un normale Idromele secco.

Con l’impiego di colture di lieviti fortemente Alcol-tolleranti si possono raggiungere anche i 18°.

L’Idromele, una volta finita la fermentazione, ha bisogno di un tempo – variabile a seconda del miele utilizzato – prima di essere imbottigliato ed avviato al consumo o all’invecchiamento.

Deve affinare in ambienti freschi, al riparo dalla luce del sole e con un’umidità elevata; in questa fase emergono gli aromi terziari, che contribuiscono al bouquet.

La quantità residua di zuccheri determina la tipologia di Idromele:

  • molto secco;
  • secco;
  • demi-sec;
  • dolce;
  • liquoroso.

La degustazione

La temperatura di servizio ottimale di questa bevanda è di 8-10 gradi, in un bicchiere non raffreddato ed a stelo lungo.

In genere, l’Idromele è apprezzato come digestivo a fine pasto o anche come aperitivo, ma c’è chi lo utilizza in cucina o in abbinamento a piatti, in sostituzione del miele.

In realtà, le combinazioni con gli alimenti sono illimitate perché si può associare bene a tanti piatti, dalla carne al pesce, al cioccolato ed al dessert.

Iin molti consigliano l’Idromele di corbezzolo, millefiori e tiglio con dolci quali crostate di frutta, torte al cioccolato o cantuccini.

Chi apprezza i contrasti può provare a sorseggiare Idromele con formaggi erborinati, mentre un accostamento sorprendentemente saporito è quello con crostacei crudi o tartare di carne cruda.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »
RSS
Follow by Email
YouTube
Pinterest
fb-share-icon
LinkedIn
Share
Instagram
VK
VK
VK
Tiktok
error: Contenuto protetto