Edoardo Barman A.I.B.E.S.
Singani
Singani

Singani

Il Singani

Singani Don Lucho
Singani Riserva speciale: Don Lucho Oro
Foto: Autore sconosciuto

Il Singani è un distillato di mosto d’uva, prodotto in Bolivia da quasi 500 anni.

La sua Denominazione di Origine è stata decretata dal governo boliviano solamente nel 1992 ed è considerato parte del patrimonio culturale del paese.

Nonostante tutto questo, ancora oggi, ai fini del commercio internazionale, viene classificato come Brandy.

Il Singani è ancora qualcosa di sconosciuto in Europa, ma in California (U.S.A.) sta riscuotendo un enorme successo, sia per il consumo in purezza, sia come ingrediente di Cocktails.

Ciò grazie all’iniziativa imprenditoriale di Steven Soderbergh, noto produttore cinematografico.

Questi, una volta assaggiato il Distillato in Bolivia, durante le riprese di una pellicola su Che Guevara e lo apprezzò talmente tanto che gli venne un’idea.

Decise quindi di accordarsi col principale produttore di Singani, per commercializzare il distillato boliviano negli U.S.A. con il marchio Singani 63 ed un’immagine “cinematografica” sull’etichetta..

Esistono diverse similitudini fra il Singani ed il Pisco peruviano, ma anche qualche differenza importante:

  • il distillato boliviano si ottiene unicamente dall’uva Muscat de Alexandria (conosciuta da noi come zibibbo) e, in rari casi, da uve Mollar. Entrambe uve coltivate in montagna, da 1.600 a 3.000 metri di altitudine, nelle province meridionali di Chuquisaca e Tarija e sono previste più distillazioni;
  • Il Pisco ha una gradazione alcolica leggermente superiore (tra i 42° ed i 48°), può essere prodotto con l’impiego di otto vitigni diversi, che possono anche venire assemblati in varie combinazioni; inoltre, è richiesta una sola distillazione.

Il Singani è quindi sensibilmente diverso da un Pisco: è un prodotto dal gusto davvero unico e distintivo, che merita una propria classificazione internazionale e la diffusione nel mercato mondiale.

Il Singani di qualità è fruttato e floreale, l’Alcol non è mai aggressivo e costituisce un ingrediente versatile per numerosi Cocktails.

La storia

Singani 63
Singani 63, il Singani di Steven Soderbergh
Foto: Autore sconosciuto

Non pensiate che questo nettare sia una novità: le origini del Singani risalgono al XVI secolo, proprio come per il suo fratello peruviano.

Il suo nome sembra derivare da uno dei primi appezzamenti coltivati a vite nel Potosì, ad opera dei monaci spagnoli.

Per la nascita di questo Distillato, dobbiamo infatti, proprio come nel caso del Pisco, ringraziare gli spagnoli, che portarono la coltura della vite in tutti i territori conquistati.

Gli spagnoli si resero presto conto che il Vino che erano abituati a bere in patria, non era adatto alle condizioni della zona, a causa dell’altitudine e della stagione delle piogge, che influenzava la produzione e la conservazione del Vino.

Avevano inoltre bisogno di una bevanda più forte e più resistente alle condizioni climatiche estreme del posto; cominciarono quindi a distillare.

La produzione di Singani è stata per secoli riservata a piccole aziende famigliari, ma negli ultimi decenni sono stati introdotti numerosi miglioramenti tecnici, colturali e varietali per aumentarne la resa e la qualità.

Lo stesso è avvenuto anche nei confronti del Vino locale.

In conseguenza agli incentivi a favore dell’industrializzazione, la distillazione è diventata in parte industriale; la parte ancora artigianale è localizzata prevalentemente nella zona di Tarija.

Nonostante i miglioramenti occorsi, la quantità di Singani prodotta è ancora oggi limitata, a causa della poca superficie vitata e delle difficoltà nella coltivazione.

E’ solo per questo motivo che oggi il Singani viene consumato interamente in Bolivia e, in piccola parte, negli U.S.A. .

La produzione

Singani Rujero
Singani Rujero, ancora con la dicitura “Brandy”
Foto: Autore sconosciuto

La produttività delle viti boliviane si assesta ancora oggi a 60/70 quintali per ettaro, mentre l’intera area coltivata a vite in tutto il paese ammonta a soli 2.500 ettari circa.

Da ciò si comprende l’enorme divario rispetto ai parametri europei.

Una volta raccolta l’uva ed effettuata l’eliminazione manuale degli acini rovinati, si procede alla pressatura delle uve e ad un periodo di fermentazione limitato a soli 7 giorni.

In questa fase è fondamentale mantenere la temperatura del mosto entro i 20°; altrimenti gli aromi tipici del distillato andrebbero persi.

Trascorsi i 7 giorni, avviene la prima distillazione dei mosti in alambicco discontinuo tipo Charentais.

Il processo produttivo del Singani prevede diverse distillazioni e in alcuni casi l’aggiunta di Acqua al mosto, per ottenere diversi livelli di qualità.

Alla fine si ottiene un’acquavite bianca notevolmente aromatica, del grado alcolico di 70° circa.

A questo punto, la riduzione del grado alcolico viene subito effettuata, portando il distillato a 40°.

Tutti i Singani vengono poi invecchiati da sei mesi a un anno, in botti di rovere francese (cosa non permessa per il Pisco) o, a scelta, in recipienti inerti.

Ovviamente, la scelta del recipiente per l’invecchiamento influirà sul colore e su aroma e sapore del Distillato.

Infine seguono l’imbottigliamento e la distribuzione.

perché?

La classificazione

Il Singani viene classificato in tre tipologie:

Gran Singani, prodotto in altura col vitigno zibibbo in purezza;

Primera selección, prodotto miscelando mosti di diverse varietà di uva;

Segunda selección, prodotta grazie alla fermentazione e successiva distillazione delle vinacce; prodotto ancora aromatico, ma ovviamente più simile alla Grappa che al Pisco.

La degustazione

In Bolivia è piuttosto raro che il Singani venga consumato puro; è invece la base di un drink molto popolare, assieme a succo di limone, gazzosa e un cubetto o due di ghiaccio, denominato Chuflay, una specie di Pisco sour, un po’ meno raffinato.

I boliviani lo consumano volentieri anche con succo di arancia e lo chiamano Yungueñito.

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