Edoardo Barman A.I.B.E.S.
Sakè
Sakè

Sakè

Il Sakè

Vari Sakè
Alcune varietà di Sakè
Foto: Pixabay

Il Sakè (dal giapponese酒, “bevanda alcolica”) è appunto una bevanda alcolica tradizionale tipicamente giapponese, ottenuta da un processo di fermentazione del riso.

Questa bevanda viene spesso chiamata, erroneamente, Vino di riso.

Da altri viene scambiata per un Distillato, a causa della sua gradazione alcolica (solitamente dai 15 ai 20 gradi) e dei suoi profumi aromatici e puliti, tipici del passaggio in alambicco.

Ma il processo di produzione del Sakè è più simile a quello della Birra che a quello del Vino, e si tratta a tutti gli effetti di una bevanda alcolica ottenuta per fermentazione.

Visivamente può assomigliare ad un Vino bianco, ma il sapore è completamente diverso.

In Giappone viene chiamato Nihonshu e se ne trova di ogni profilo gustativo, come vedremo più avanti.

E’ buona regola consumare il Sakè entro un anno dalla data di imbottigliamento.

La produzione

Sakè Nami
Il Sakè Nami, dal packaging internazionale
Foto: Autore sconosciuto

Il riso utilizzato per la produzione del Sakè non è certamente lo stesso che viene utilizzato nella cucina tradizionale giapponese.

Si tratta invece del Sakamai, un riso che si distingue per via dei chicchi più grandi del normale, in grado di resistere al processo di raffinazione.

All’inizio della produzione, infatti, i grani di riso vengono levigati a mano per rimuovere gli strati esterni, riducendo così il volume iniziale del chicco del 50/70 % circa.

Rimane così il cuore, formato perlopiù da amido, morbido e poroso, il che lo rende perfetto per accogliere le spore di koji (Aspergillus Oryzae), una muffa che riesce a trasformare l’amido del riso in zuccheri fermentabili.

Il koji, mescolato ad Acqua e riso cotto al vapore, viene impastato a mano e poi lasciato all’interno di vasche contenenti altro riso.

A questo punto inizia la prima fermentazione, della durata di circa quattro settimane, durante le quali questa miscela si trasforma in mosto, con un contenuto alcolico pari ad 11°.

Terminato questo periodo di tempo, si aggiunge alla miscela altro riso al vapore, altra Acqua ed altro koji; inizia così la seconda fermentazione, al termine della quale il Sakè viene pastorizzato, filtrato ed infine imbottigliato.

Da questo processo, deriva una gradazione alcolica che va dai 15° ai 20°, un valore adeguato per una bevanda che si presta ad accompagnare il pasto.

Alla fine del processo produttivo, il Sakè deve risultare trasparente.

Torbidezza e colore ambrato – a meno che si tratti di Sakè nigori o di un Sakè invecchiato – sono indici di problemi, dovuti generalmente ad una cattiva conservazione (esposizione ad alte temperature o alla luce del sole).

Tipologie di Sakè

Sakè
Sakè in mani femminili
Foto: Katty Frank – Pexels

Esistono due principali tipi di Sakè:

  • il Futsuu-shu (普通酒), ovvero il Sakè normale
  • il Tokutei meishyoshyu (特定名称酒), ossia il Sakè a designazione speciale.

Il Futsuu-shu non possiede i requisiti per definirsi Sake di designazione speciale; è l’equivalente del Vino da tavola occidentale e rappresenta oltre il 75% di tutto il fermentato prodotto.

Invece il Tokutei meishyoshyu è contraddistinto dalla certificazione di raffinamento (macinatura) del riso, ovvero della purezza (è vietata l’aggiunta di Alcol distillato).

Esiste poi il Sakè nigori (torbido), prodotto meno raffinato, che può contenere residui di riso in sospensione.

Sono inoltre presenti tre tipi di questo fermentato, ai quali viene aggiunto Alcol al termine della fermentazione:

  • il Ginjo-shu;
  • il Daiginjo-shu;
  • il Honjozo-shu;
  • il Tokubetsu honjozo-shu.

Le versioni invecchiate sono generalmente di colore ambrato.

I gusti del Sakè

A quanto pare, ogni momento è buono, perr un Sakè
Foto: Kamshotthat – Pexels

Nel Sakè possiamo trovare 5 gusti, chiamati gomi 五味 (五= 5, 味 = gusto):

  • AMAMI = dolcezza
  • NIGAMI = amarezza
  • SHIBUMI = astringenza
  • KARAMI = secchezza
  • SANMI = acidità
  • UMAMI = sapidità, bontà.

Altra occasione perfetta per degustare questa bevanda è quella degli eventi celebrativi o matrimoni, in cui spesso la cerimonia del Sakè rappresenta un vero e proprio rituale di unione tra famiglie.

Nel corso di queste occasioni, questo fermentato viene servito ai commensali all’interno di piccoli recipienti di ceramica, altrimenti denominati tokkuri, per poi essere versato in bicchieri che prendono il nome di choko.

Per quanto questo fermentato di riso abbia un sapore inconsueto per noi occidentali, una volta superati i preconcetti su tutto ciò che è diverso, ritengo sia facile imparare ad apprezzare questo prodotto anche da parte di noi occidentali.

Anche in Italia, infatti, stanno crescendo scuole per Sommelier di Sakè ed i cocktails a base di questa bevanda sono sempre di più.

La classificazione

La classificazione del Sakè viene determinata dalla levigatura del chicco, per avere un maggior grado di purezza e pulizia, grazie all’eliminazione delle proteine che circondano il centro del chicco, più ricco di amidi.
Le classificazioni più alte e reperibili in Italia sono:

  • Daiginjo, con un grado di raffinazione inferiore al 50%;
  • Ginjo inferiore al 60%.
  • Nei Sakè di qualità inferiore, oltre ad un grado di raffinazione più basso, intorno al 40%, è possibile l’aggiunta di Alcol ottenuto dalla distillazione del riso, al termine della fermentazione. L’Alcol ha la funzione di solvente, che favorisce l’estrazione delle sostanze aromatiche dal riso durante la pressatura.

La degustazione

Degustazione tipica di Sakè
Foto: Erwin – Pixabay

Quando si parla di come bere il Sakè, sorge sempre il dubbio sulla temperatura di servizio.

In realtà, questa bevanda può essere bevuta a qualunque temperatura, a seconda delle preferenze personali, dalla tipologia di Sakè, nonché dalla stagione.

Il prodotto freddo (reishu) viene preferito soprattutto nei mesi più caldi dell’anno, mentre quello caldo (atsukan) è più adatto alle temperature invernali.

Questo significa quindi che sarebbe meglio consumare questo prodotto freddo – 10° circa – o a temperatura ambiente.

Ma esistono anche Sakè ottimi serviti molto freddi, con Ghiaccio; la logica potrebbe ricordare quella del Vino, dato che i profumi sono sempre molto complessi ed articolati e si abbinano molto bene al cibo.

Nel caso in cui invece preferiate provare questa bevanda calda, allora il tokkuri verrà immerso nell’Acqua bollente per far sì che il Sakè raggiunga la temperatura di 50° C.

Chiarito questo, possiamo dire che le diverse tipologie di Sakè possono essere abbinate praticamente con ogni tipo di cibo.

I Sakè più delicati si prestano per essere abbinati con pesce e verdure, mentre i più corposi possono accompagnare la carne.

Al di là della tradizione, qualcuno è solito tentare l’accoppiata di questo fermentato con il sushi, pratica non troppo apprezzata dai giapponesi.

Essi sostengono infatti che potrebbe venirsi a creare un conflitto di sapori, dato che entrambi i prodotti sono a base di riso.

In ogni caso, se vi avvicinate a questa bevanda senza pregiudizi, potete trarne soddisfazione, sia gustato in purezza, sia come base di ottimi Cocktails.

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