Edoardo Barman A.I.B.E.S.
Gli additivi nei Distillati
Gli additivi nei Distillati

Gli additivi nei Distillati

E’ una pratica comune, che riguarda quasi tutti gli Spirits, l’aggiunta di additivi ai Distillati; questa pratica ancora oggi non è sufficientemente regolamentata dalle normative dei vari paesi produttori.

Distillati vari: spiriti purissimi. O quasi….
Foto:  Julia Kicova – Unsplash

Io credo fermamente che tutte le sostanze estranee al distillato dovrebbero essere specifiicate in etichetta, sostanzialmente per due ragioni:

  • per una questione di rispetto dei consumatori, che pagano a caro, talvolta carissimo, prezzo questi prodotti
  • per una questione di diritto, perché gli stessi consumatori devono sapere cosa c’è dentro i prodotti, come accade per ogni altro prodotto alimentare.

Esclusa l’Acqua, che viene utilizzata per la riduzione del grado alcolico di tutti i Distillati, esclusi i Cask strength o brut de fût, come dicono i francesi, ben altre sostanze vengono aggiunte ai vari Spirits o distillati o acquaviti, comunque preferiamo chiamarli.

Questi additivi, comunemente vengono aggiunti in diversi momenti: prima della fermentazione, prima della distillazione, prima del versamento nelle botti per l’invecchiamento, prima dell’imbottigliamento.

La domanda, come direbbe il grande Antonio Lubrano, sorge spontanea:

Sono sostanzialmente due i motivi per cui queste aggiunte vengono fatte:

  • cosmetici (obscuration);
  • correzione del sapore (edulcorazione).

Entrambi i motivi assolvono anche alla funzione di uniformare quanto più possibile i vari lotti di produzione.

Noi consumatori, salvo rare eccezioni, siamo ignari di tutto questo, grazie alle concessioni fatte dai consorzi ai produttori e nascoste tra le righe dei disciplinari di produzione, oppure al grande riserbo da parte dei produttori stessi.

Di seguito, una panoramica di quanto succede attualmente nel mondo, riguardo l’aggiunta di additivi ai principali Distrillati.

Armagnac millesimato, Distillato ad additivi zero (o quasi)
Bas Armagnac millesimato
Foto: Autore sconosciuto

La normativa in vigore consente le aggiunte di:

  • zuccheri,
  • caramello,
  • la macerazione nel distillato di trucioli di legno di quercia.

Tali aggiunte sono consentite fino ad una variazione massima di densità di 4° rispetto al titolo alcolico originario, un limite, tutto sommato, più che accettabile.

La normativa attualmente in vigore non richiede che gli additivi vengano specificati in etichetta, così come accade (ancora) per gli altri Distillati.

Le additivazioni sopra descritte sono dovute a motivi sia cosmetici (per modificarne l’aspetto) che correttivi (per migliorarne il sapore).

Il maquillage è pratica comune negli Armagnac più commerciali, mentre nei prodotti tradizionali (millesimati) gli interventi sono minimi, se non assenti.

È infatti pratica comune imbottigliare gli Armagnac millesimati direttamente all’uscita dalla botte (brut de fût).

Brandy italiano: Aggiunta di additivi vagamente regolamentata
Il Brandy che crea un’atmosfera
Foto: Autore sconosciuto

L’attuale normativa in materia consente l’aggiunta delle seguenti sostanze:

  • caramello (come colorante);
  • zuccheri, quantità massima 2% del distillato (in peso);
  • distillato di Vino in misura non superiore al 50% della gradazione finale (l’Acquavite uscita dall’alambicco ed invecchiata può essere diluita, ma solo con Alcol da Vino);
  • “sostanze aromatizzanti” ricavate, con procedimenti esclusivamente fisici, da materie prime di origine vegetale allo stato naturale. La misura massima consentita equivale al 3% del volume idrato.
  • o, in alternativa alle sostanze aromatizzanti,,“preparazioni aromatiche” ricavate mediante infusione o macerazione in Acqua o Acquavite di Vino di materie prime di origine vegetale allo stato naturale, ottenute da trucioli di quercia o da altre sostanze vegetali. Anche in questo caso, la misura massima consentita equivale al 3% del volume idrato.

Sebbene la regola voglia che le sostanze aromatizzanti e le preparazioni aromatiche consistano in estratti di legno di quercia, la normativa non esclude che possa trattarsi di altre sostanze di qualunque tipo, purché di origine vegetale.

Potremmo dire che, in questo caso, chi ha varato la normativa sia stato di manica piuttosto larga nei confronti dei produttori; ma in altri paesi c’è chi è stato ancora più blando nella regolamentazione, e lo vedremo di seguito….

Brandy spagnolo: distillato con molti additivi, che lo rendono unico
Brandy jerezano SGR
Foto: Autore sconosciuto

Caratteristica fondamentale di questo Spirit è che venga invecchiato in botti ex-Vino di Jerez (Sherry) per almeno 3 anni; ciò significa che già dall’invecchiamento nella Solera, il prodotto si arricchisca di un’aromatizzazione, per quanto assolutamente naturale.

È consentita l’aggiunta di distillato di Vino a meno di 95°, fino ad una quantità massima del 49%, per i Brandy più giovani (3 anni); nessuna aggiunta è consentita nel caso di distillati più invecchiati.

La normativa consente inoltre l’edulcorazione con zuccheri o con Vino dolce.

Anche in questo caso, l’aggiunta di caramello è pratica comune e può essere prodotto anche con mosto d’uva.

Le sostanze aromatizzanti utilizzate sono diverse rispetto al Brandy italiano, ma vengono definite dalla consuetudine e non dai regolamenti.

Queste sostanze servono a conferire carattere e tipicità al Brandy, secondo le tradizioni in uso nelle singole bodegas.

Sono infine consentiti estratti idroalcolici ed infusioni di:

  • uva passa,
  • prugne secche,
  • baccelli di vaniglia,
  • pericarpo di mandorle,
  • mallo di noce verde,
  • trucioli di legno di quercia.

E’ consentito l’impiego delle fecce di Vino durante la distillazione.

Gli aromatizzanti non superano di regola lo 0,3% del volume del Brandy; ma se il limite viene superato, non succede niente.

In questo distillato è ammessa unicamente l’aggiunta di zucchero o caramello, nella quantità da 6 a 30 gr./lt.

Cognac: additivi piuttosto ben regolamentati
Cognac Martell XO
Foto: Autore sconosciuto

Così come nel caso dell’Armagnac, nel Cognac sono consentite le aggiunte di zuccheri e caramello, ma anche di estratti acquosi – anche invecchiati – di legno di quercia, denominati boisè.

Non è invece consentita la macerazione di trucioli di legno nel distillato.

Le aggiunte sono consentite fino ad una variazione massima di densità di 4° rispetto al titolo alcolico originario.

Nei Cognac il contenuto di zucchero, grazie all’additivazione, si aggira mediamente sui 10 gr./lt, e da quanto risulta, i Cognac privi di edulcorazione sono veramente rari.

E non sapremo mai quali sono, fino a quando gli additivi non dovranno venire specificati in etichetta….

Entrambe le additivazioni sono pratica comune nella produzione di questo Spirit, e servono essenzialmente a due scopi:

  • uniformare i lotti di produzione;
  • adattare il prodotto alle esigenze del paese di destinazione della partita.

Nonostante la cosa sia ormai notoria, nessun produttore, ad oggi, ha avuto il coraggio di ammetterlo.

I pochi Cognac brut de fût, quindi senza additivi, sono molto rari, pregiati e costosi.

Nel caso del Gin, trattandosi di un prodotto aromatizzato per definizione, ed essendo molti gli aromi naturali permessi nella sua produzione, l’unico “problema” riguarda lo zucchero aggiunto.

Infatti oggigiorno ci sono moltissimi produttori di Gin che aggiungono zucchero, per vari motivi.

Ora, come classificazione, in Old Tom, l’aggiunta di zucchero è praticamente un prerequisito, ma che dire nel caso dei gin “tradizionali” o “contemporanei”?

Alcuni mercati sono molto più trasparenti di altri: ad esempio negli Stati Uniti è possibile aggiungere zucchero in quantità, senza alcun controllo e senza specifica in etichetta.

Grappa bianca; additivi? Si, quasi tutti regolamentati
Grappa bianca Nardini
Foto: Autore sconosciuto

Riguardo questo nobile distillato, le “prescrizioni” ministeriali sanciscono che non si tratta di un’acquavite aromatizzata, salvo poi specificare che nella preparazione della Grappa è consentita l’aggiunta di:

  • piante aromatiche o loro parti,
  • frutta o loro parti, che rappresentano i metodi di produzione tradizionali;
  •  zuccheri, nella quantità massima di 20 gr./lt. , (zucchero invertito);
  • caramello, solo per la Grappa sottoposta ad un invecchiamento di almeno 12 mesi.

Nella denominazione Grappa deve essere riportata l’indicazione delle piante aromatiche o loro parti, nonché della frutta o loro parti, qualora utilizzate.

Anche nel mondo della Grappa sta prendendo piede il cask finishing, ovvero la maturazione del distillato in botti che hanno precedentemente contenuto altre bevande.

Pare che alcuni distillatori abbiano confessato che le botti utilizzate per la finitura, contengano in origine circa 10-15 litri del liquido contenuto ed invecchiato in precedenza, oltre a quello assorbito dal legno.

Questa aggiunta “sottobanco” aggiungerebbe carattere e morbidezza alla Grappa così trattata; come dire: fatta la legge, trovato l’inganno….

Ma gli interessati negheranno sempre ed ovunque: quindi, dall’Armagnac al Whisky, passando per la Grappa e tutti gli altri, non cambierà niente, fino a quando gli additivi non dovranno essere riportati in etichetta per obbligo di legge.

La severa legge cinese vieta ogni tipo di additivo per il Kaoliang, suo distillato nazionale.

Sarà per questo che si è guadagnato la fama di essere un Distillato che, anche se consumato in eccesso, non causa l’hangover (postumi della sbronza)?

A differenza di altri distillati, il Pisco peruviano è privo di ogni tipo di additivo, in modo che la purezza dell’uva venga preservata.

Nemmeno Acqua o coloranti che distraggano dalla sua essenza sono ammessi e l’invecchiamento in botte non è necessario, poiché qualsiasi processo del genere sarebbe, semplicemente, superfluo: sublime.

In confronto con altri distillati, qui le cose si complicano non poco.

Un capolavoro di rotondità
Foto: Autore sconosciuto

Ciò in quanto, in linea teorica, secondo il regolamento europeo CE 110/2008, il Rum non è un prodotto aromatizzato.

E’ consentita, anche in questo caso, l’aggiunta di caramello come colorante, ma nulla si specifica riguardo all’edulcorazione.

La grande maggioranza dei Rum in commercio vengono generosamente additivati di zucchero in varie forme, compreso il miele; questo anche nei paesi in cui le regole lo vietano, come nel caso dell’AOC Martinique.

Riguardo gli aromatizzanti, a seconda dei vari stili di Rum, si aggiunge di tutto e di più, probabilmente anche prima della distillazione.

Risulta anche l’impiego di una poco ortodossa “pasta madre” composta di scarti di distillazione, residui di canna e fecce, il cui scopo è di innalzare il contenuto di acidi esterificabili nella massa da distillare.

Ma l’additivazione tradizionale più conosciuta è quella di Vino di prugne o di macerati di prugne secche o uva passa, come avviene comunemente in Spagna.

Frequente anche l’aggiunta di spezie, vaniglia, e di tantissimi altri aromatizzanti naturali, quali frutta secca o candita, in misura fino ad oltre l’8% del distillato.

Nemmeno possiamo escludere l’aggiunta di aromi sintetici, in primis la vanillina.

Purtroppo, il Rum – come abbiamo visto nella pagina ad esso dedicata – può essere prodotto in ogni parte del mondo: ciò ha causato un vuoto normativo che ancora oggi permette l’aggiunta di additivi di ogni genere.

Altrettanto comune è, in alternativa alla pratica del cask finishing, l’aggiunta al Rum bianco di Vino di Porto, Sherry o Bourbon Whiskey prima dell’invecchiamento.

Test di laboratorio hanno talvolta evidenziato l’aggiunta di glicerina: sostanza naturalissima, ma del tutto estranea al distillato.

La glicerina conferisce al Rum dolcezza, corpo, setosità, oltre all’impressione di densità; è come se lo Spirit fosse stato concentrato in botte per anni, al caldo dei Caraibi.

Ottimo sistema quindi, l’aggiunta di glicerina, per far fessi i consumatori.

La legge boliviana, che definisce le caratteristiche di questo eccellente prodotto, è estremamente semplice e chiara: niente additivi, coloranti, solfiti o altro che non sia il distillato delle uve Moscato di Alexandria ed Acqua per la riduzione del grado alcolico.

Tequila José Cuervo Especial: grandi aggiunte di additivi
Tequila di uno dei maggiori produttori, realizzato con il diffusore
Foto: Marcelo Verfe – Pexels

Se in questo mondo caotico, si sta cominciando a fare un po’ di ordine, lo dobbiamo ad una coppia di giornalisti americani, Scarlet e Grover Sanschagrin, grandi esperti del Tequila e fondatori del sito www.tequilamatchmaker.com.

Entrambi sono diventati catadores (assaggiatori) di Tequila sotto la guida di Ana Maria Romero Mena, una maestra tequilera conosciuta come “il naso più famoso nell’industria del Tequila“.

Questi signori hanno pubblicamente affermato, su un tema di fondamentale importanza per il mondo del Tequila:

“È legale e considerato normale utilizzare additivi nel mondo del Tequila e, attraverso la nostra ricerca, stimiamo che almeno il 70% di tutti i Tequila sul mercato contengano additivi; questo è un valore sottostimato, perché molte aziende sono contrarie a rilasciare informazioni in merito”.

Per mostrare come gli additivi influenzano le caratteristiche di un Tequila, i due giornalisti hanno acquisito una collezione eclettica di additivi da aziende con sede a Guadalajara, che vendono anche a grandi marchi di Tequila.

In una delle tante dimostrazioni pubbliche, hanno aggiunto una modesta quantità di Tequila blanco in due bicchieri: uno rimarrà puro per il confronto, mentre all’altro verranno aggiunte gocce incrementali di additivi, al fine di constatare come, con l’aggiunta di questi ultimi, cambino gli aromi e i sapori.

“La glicerina viene utilizzata per migliorare la sensazione in bocca e per coprire i difetti”, affermano.

Mettono in uno dei due bicchieri alcune gocce di glicerina, sostanza che si trova comunemente nei saponi, nelle creme idratanti e in alcuni prodotti farmaceutici.

“La glicerina smorza gli aromi e ricopre la lingua, in modo che questa non sia più in grado di rilevare il 100% dei sapori del Tequila.”

Non è facile, né rapido far sciogliere la glicerina nel Tequila; con poche gocce, lo Spirit si è notevolmente addensato.

Suggeriscono di inclinare il bicchiere di lato per osservare come il liquido scorre lungo la superficie interna.

“La glicerina è più pesante del Tequila puro, quindi le ‘lacrime’ scendono lungo i bordi più velocemente”.

Il seguente additivo è l’estratto di vaniglia; provvedono a versare alcune gocce di estratto nel Tequila già additivato in precedenza con la glicerina.

All’assaggio, tutti i vibranti sapori dell’agave (pepe verde piccante, cagliata di limone, menta…) sono sbiaditi nell’oscurità; ha il sapore di una torta di compleanno appiccicosa.

“I produttori industriali, a causa dell’utilizzo di una macchina infernale denominata “diffusore” (ampiamente descritta nella pagina sul Tequila) stanno essenzialmente realizzando un prodotto neutro, eliminando nel processo tutto il sapore naturale dell’agave; per questo motivo sono costretti ad aggiungere aromi dopo la distillazione”.

Tutte queste informazioni sono disponibili al pubblico, unicamente grazie ai coniugi Sanschagrin, che aggiungono:

“Anni fa abbiamo pensato: gli additivi esistono, quindi stiliamo un elenco dei marchi che non li usano, come Fortaleza, Cascahuín, Siete Leguas“.

Quando questi due eroi del Tequila hanno iniziato a ricevere richieste di inclusione nell’elenco da parte di marchi che dichiaravano essere privi di additivi – ma chiaramente non lo erano – hanno capito che avrebbero dovuto mettere a punto un processo di verifica più formale.

Quindi adesso utilizzano un approccio su più fronti per verificare le dichiarazioni delle distillerie:

  • visite in loco per osservare la produzione,
  • valutazioni di degustazione – all’uscita dall’alambicco, dalla botte e dal prodotto finito già sul mercato, per cercare discrepanze,
  • valutazioni di laboratorio, quando necessario.

Anche il Consejo Regulador del Tequila (CRT), l’organizzazione messicana che supervisiona la produzione e fa rispettare norme e regolamenti relativi alla produzione di Tequila (NOM 006), cerca additivi come parte delle sue pratiche normative.

Ma secondo i Sanschagrin, il processo risulta carente perché il tutto si basa su un sistema d’onore:

“La nostra intenzione è semplicemente quella di verificare i fatti, per assicurarci che il nostro database che le persone seguono e da cui dipendono, sia veritiero ed accurato.”

I quattro tipi di additivi legalmente ammessi per il Tequila, chiamati abocantes, sono:

  • glicerina,
  • estratto di quercia,
  • colorante caramello,
  • jarabes, sciroppi naturali a base di zucchero, come il nettare di agave,
  • sostituti dello zucchero come aspartame, stevia e sucralosio (noto con il nome commerciale Splenda).

Secondo la normativa vigente, se la percentuale di abocantes utilizzata supera l’1% in peso, gli additivi devono essere stampati sull’etichetta.

I Tequila Blanco sono una curiosa eccezione: il CRT sancisce che gli additivi non sono ammessi, ma include anche una scappatoia che rende questo punto opinabile, quindi molti Tequila blanco contengono additivi.

Nella quasi totalità dei casi, i produttori includono additivi appena sufficienti per rimanere sotto i limiti di peso, quindi queste informazioni rimangono nascoste.

Grover e Scarlet stanno dando la caccia principalmente a questi casi: quando gli additivi vengono utilizzati, ma non comunicati al consumatore.

“Nel Tequila tradizionale sono presenti note di agave cotta, erbe, spezie – tutto ciò accade quando dai tempo alla cottura e alla fermentazione e usi l’agave matura. I grandi produttori industriali stanno essenzialmente realizzando un prodotto neutro, eliminando tutto il sapore naturale dell’agave nel processo: questo è il motivo per cui sono costretti ad aggiungere additivi al prodotto finito. Questo è anche il motivo per il quale i Tequila additivati esprimono solitamente solo una o due note; non dispongono di aromi e sapori complessi come un Tequila naturale”.

Forse la cosa più preoccupante è il modo in cui questi Tequila “piatti” stanno cambiando il volto di questo Spirit.

Il mercato richiede in quantità Tequila morbidi e dolci, e pensiamo che siamo arrivati al punto che il consumatore normale pensi che il Tequila debba avere il sapore di pastella per dolci e di vaniglia, e quando si trova ad assaggiare un Tequila tradizionale, non lo riconosca e magari non lo apprezzi.

“Ciò che era iniziato come una semplice casella da spuntare sull’app di Tequila Matchmaker si sta trasformando in un movimento di base, simile al passaggio verso il Tequila al 100% di agave, avvenuto circa dieci anni fa.”

Da quando i Sanschagrin hanno lanciato il programma nel 2020, il numero di marchi confermati senza additivi nel database di Tequila Matchmaker è cresciuto da una manciata a 73 prodotti.

Una cifra che Grover stima raggiungerà i 100 entro la fine del 2023.

Punti di riferimento del settore quali Tequila Ocho, Siete Leguas, Cascahuín e Don Fulano si sono uniti al gruppo, e anche alcuni marchi di proprietà di celebrità, come El Bandido Yankee, Mala Vida e Santo Fino, hanno aderito al programma.

Marchio della certificazione
Tequila senza additivi.

Il programma ha attirato l’attenzione del Consejo Regulador del Tequila, che ha annunciato per marzo 2024 una nuova certificazione denominata “Naturaleza Libre de Aditivos Producto Certificado”.

Non sono stati rilasciati ulteriori dettagli su come l’organismo di regolamentazione (CRT) confermerà o applicherà la certificazione di prodotti privi di additivi, ma per i Sanschagrin la notizia è promettente.

“Ci piacerebbe se riprendessero il controllo e facessero un buon lavoro”, dicono ridacchiando…..

“Così avremmo tanto tempo per fare altre cose.”

Chi vivrà, vedrà.

Vodka olandese di grande successo negli USA
Foto: Autore sconosciuto

Anche in questo caso, le regole sono poche e diverse per ogni paese produttore, quando presenti.

In passato, era pratica comune aggiungere alla Vodka piccole quantità di miele, per aumentarne la densità ed arrotondarne il giusto.

Oggi gli additivi che vengono immessi nella Vodka, sono essenzialmente i seguenti:

  • zucchero
  • miele
  • glicerina
  • acido citrico.

Questi additivi vengono usati o meno, a seconda dei paesi di produzione.

Ad esempio, il miele rimane l’additivo più usato nelle Vodka russe moderne, mentre le Vodka prodotte nei paesi occidentali vengono arrotondate con lo zucchero, in modica quantità.

La glicerina, o glicerolo (E422), è incolore, inodore e dal gusto dolce; viene utilizzata per addolcire, ma soprattutto per aumentare la densità del distillato, senza alterarne il sapore.

L’acido citrico è una polvere cristallina che si scioglie facilmente nell’Alcol; è soprattutto un conservante ma, nel caso di specie, serve per aggiungere acidità al prodotto e viene comunemente e diffusamente utilizzato.

Una legge USA del 1956 sancisce la quantità massima di acido citrico che la Vodka può contenere, pari a 300 ppm (milligrammi per litro).

In Polonia, una legge entrata in vigore il 1° gennaio 2013 sancisce che l’unico additivo ammesso nella Vodka è l’Acqua.

Quindi, chi vuole una Vodka senza additivi e vuole andare sul sicuro, dovrà scegliere prodotti polacchi.

Contrariamente al caso del Rum, qui le cose sono estremamente semplici, quindi eventuali contraffazioni sono facili da smascherare.

Infatti la severa normativa sullo Scotch Whisky consente unicamente l’aggiunta di caramello e nient’altro.

Talvolta, prima ancora della fermentazione, al malto viene conferito l’aroma di affumicato, essiccandolo esposto al fumo di torba.

Quanto sopra a parte, le uniche additivazioni possono venire dal cosiddetto cask finishing, cioè l’impiego di botti che hanno contenuto in precedenza Vini o Distillati diversi e che, in virtù di questo, rilasceranno sostanze precedentemente assorbite dal legno.

Da questo breve excursus si evince che i distillati contenenti la minor quantità di additivi siano gli Armagnac tradizionali millesimati ed i Whisky scozzesi, che sono anche i prodotti più “ostici” da degustare, essendo più aspri e spigolosi rispetto agli altri.

Ai Cognac ed Armagnac non millesimati sono concesse additivazioni ben specificate dai relativi, dettagliati, disciplinari.

Ma andando verso Sud, le maglie delle regole si allargano: nel caso del Brandy italiano sono richiesti requisiti minimi quanto generici, mentre in Spagna si arriva al silenzio ufficiale sui “metodi tradizionali” applicati per aromatizzare il Brandy.

Varcato l’oceano, poi, tutto è lecito, o quasi.

Da quanto sopra risulta anche che molto del carattere di un distillato viene impresso proprio dalle sostanze edulcoranti ed aromatizzanti (additivi) aggiunti ai Distillati.

Un discorso a parte merita il Tequila, dove buona parte dei prodotti più conosciuti viene prodotta con il “diffusore“, macchinario che velocizza notevolmente il processo produttivo, ma che genera un prodotto che, senza additivazione, sarebbe praticamente imbevibile.

Quanto più il distillato sarà sarà “piacione”, ricco di aromi, di densità al palato, e di “morbidezza” insieme, tanto più sarà stato conciato prima o dopo l’uscita dall’alambicco.

Ma attenzione: in Europa le cose stanno cambiando ed a dicembre 2023 è stata varata una legge che impone ai produttori vinicoli europei di specificare in etichetta TUTTI gli ingredienti del Vino.

Quindi è facile pensare che lo stesso possa avvenire a breve per i Distillati….

Il resto del mondo ci seguirà. Forse.

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